Rivalutazione pensioni 2021: quello che c’è da sapere

Rivalutazione pensioni 2021: quello che c’è da sapere

Alla luce della perequazione automatica delle pensioni, chiariamo come viene applicata la rivalutazione dello 0,1% per l'anno 2021.

Dopo anni di mancata rivalutazione per effetto della Legge Fornero, dell’inflazione negativa e di valori assai modesti, l’adeguamento delle pensioni al costo della vita (la perequazione automatica) dal 2012 al 2020 è rimasto sempre sotto accusa. La proposta già da oltre cinque anni avanzata da 50&Più insieme al Cupla, di individuare un nuovo paniere (elenco delle voci già ricorrenti di spesa) non ha ancora trovato accoglimento.

L’inadeguatezza del meccanismo di rivalutazione automatica continua a produrre un costante e grave disagio economico a tutti i pensionati. Su tale versante è assolutamente necessario individuare un meccanismo più adatto a rilevare l’effettiva inflazione subita dalle famiglie e dai pensionati, in cui sia adeguatamente ampio il peso dei beni alimentari, energetici, dei servizi sanitari e delle spese per la salute. Ma vediamo cosa succede quest’anno.

Il consueto decreto sulla perequazione automatica delle pensioni, pubblicato in G.U. del 24 novembre scorso, ha stabilito che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione 2019/2020 è stato pari allo 0,5%; il previsionale dello scorso anno, in base al quale sono state calcolate le pensioni 2020 è stato pari allo 0,4%, pertanto c’è uno 0,1% da recuperare.

Considerato che l’indicizzazione previsionale 2021 è pari a zero, le pensioni di quest’anno vengono rivalutate solo dello 0,1% (recupero 2020 pur in presenza di inflazione negativa).

Va ricordato che questa percentuale viene applicata solo alle pensioni fino a quattro volte il minimo, che in base alla normativa attualmente in vigore (Legge 145/2018) sono indicizzate al 100%. Si tratta di assegni fino a 2mila euro lordi al mese che quindi vengono rivalutati dello 0,1%.

I trattamenti più alti, invece, vengono rivalutati solo parzialmente con la seguente modulazione:

  • fra quattro e cinque volte il minimo (fra 2mila e 500 e 3mila euro): l’indice di perequazione è al 77%, quindi il conguaglio 2021 è pari allo 0,07%;
  • fra cinque e sei volte il minimo (da 3mila a 3mila e 500 euro) si rivalutano allo 0,52%, quindi l’indice che si applica nel 2021 è pari allo 0,052%;
  • fra sei e otto volte il minimo (da 3mila 500 a 4mila 500 euro): la rivalutazione 2021 è pari allo 0,047%;
  • fra otto e nove volte il minimo (da 4mila 500 a 5mila euro): la rivalutazione è lo 0,045%;
  • sopra nove volte il minimo (oltre 5mila euro): la rivalutazione è dello 0,04%.

In termini assoluti vuol dire comunque un incremento che non supera nella migliore delle ipotesi 30 euro lordi annui (vedi Tabelle A e B). Questo meccanismo rimane in vigore anche nel 2021. Successivamente, sempre con la Legge di Bilancio, si dovrebbe ritornare alla rivalutazione per fasce applicata nel 2011. La differenza fondamentale tra il sistema attuale e quello che dovrebbe tornare in vigore è che il primo applica l’aliquota di aumento a tutto l’importo in pagamento, il secondo lo applica a fasce: 100% dell’inflazione fino a quattro volte il minimo, 90% oltre quattro volte e fino a cinque volte, 75% oltre cinque volte il minimo.

Cosa c'è da sapere

Va detto poi che sulle pensioni d’oro, superiori a 100mila euro lordi annui, c’è invece il taglio previsto (sempre dalla Legge n. 145/2018) che va dal 15 al 40%, in base all’importo dell’assegno previdenziale. Su questo punto si è espressa recentemente la Corte Costituzionale che ha ritenuto legittimo il taglio per la durata di tre anni, dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2021, sulle pensioni Inps ed ex Inpdap, mentre è illegittimo applicarlo anche agli anni 2022 e 2023.

È sconcertante poi pensare che il blocco della rivalutazione ha superato la soglia degli undici anni di anzianità: è certamente questa la parte più grave, iniqua e dolorosa introdotta dallegislatore. Tale sistema di adeguamento non ha mai tutelato concretamente il reale potere d’acquisto dei pensionati che, negli ultimi 16 anni, hanno subìto oltre il 30% diperdite. Le soluzioni adottate (12 volte) non sono state assolutamente ispirate a criteri di ragionevolezza.

Anche se non siamo pessimisti ma realisti, queste incertezze crescenti e le vaghe promesse stanno creando tante preoccupazioni, tensioni, paure e poche speranze tra i pensionati del nostro Paese. La Tabella B mette a confronto la rivalutazione secondo le norme che dovevano tornare in vigore dopo lo stop deciso negli anni precedenti per via della crisi economica e per la pandemia 2020.

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