- 28 Settembre 2018
- Posted by: 50PiuEnasco
- Categoria: Rubrica Previdenza
La Corte di Cassazione con una nuova ordinanza ribadisce l’inclusione nel calcolo dell’anzianità contributiva anche i periodi non lavorati
Sulla vicenda del part-time ciclico la Cassazione si è espressa più volte, ribadendo che non può esserci un trattamento previdenziale diverso tra chi, per specifiche caratteristiche del lavoro, svolge l’attività secondo l’orario complessivo del full time, ma spalmato su periodi di tempo prestabiliti (si pensi, per esempio agli assistenti al volo, ai turnisti o altro ancora) e chi sceglie volontariamente il part-time orizzontale o verticale.
La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 8772 del 10 aprile 2018, ha ricordato che, per i lavoratori occupati con part-time verticale ciclico, ai fini pensionistici, vanno inclusi nell’anzianità contributiva anche i periodi non lavorati, in quanto la contribuzione ridotta incide solo sulla misura della pensione e non sulla durata del rapporto.
Ma cos’è il part time ciclico?
Il part-time ciclico, altrimenti detto multiperiodale, è un particolare modello di contratto di lavoro a tempo parziale, distinto dai tradizionali part-time orizzontali e verticali, perché non basato sul monte orario giornaliero ma annuale. In pratica, invece di lavorare solo per una parte della giornata o della settimana, si è attivi solo in determinati periodi dell’anno, a seconda delle esigenze dell’azienda. Può capitare, quindi, che il lavoratore debba lavorare full time in alcuni periodi dell’anno e part-time in altri, oppure di lavorare full-time per 8 mesi (ad esempio) e restare in pausa per i restanti 4. Un esempio classico in cui si utilizza la forma del part-time ciclico è il settore ricettivo/alberghiero, che ha delle esigenze differenti nei vari periodi dell’anno, che si traducono in un aumento o riduzione della forza lavoro impiegata in struttura.
Part time ciclico e contributi previdenziali
Il part-time ciclico è, ormai da decenni, al centro di discussioni e scontri tra le parti sociali, la giurisprudenza e l’ente previdenziale Inps, creando non pochi disagi ai lavoratori per il riconoscimento del periodo non lavorato ai fini del calcolo della contribuzione previdenziale. Secondo l’Inps, infatti, rientrano nel calcolo per l’anzianità previdenziale solo i periodi di effettivo lavoro. Questa situazione crea inevitabilmente delle condizioni discriminatorie tra lavoratori assunti a tempo pieno, con contratto di lavoro part-time orizzontale e part-time ciclico. Il monte ore di lavoro effettivo dei lavoratori in part- time orizzontale e di quelli in part-time ciclico è lo stesso, viene solo distribuito in modo differente.
Part-time ciclico: anzianità contributiva inferiore
Se il lavoratore in part-time ciclico lavora, per esigenze strutturali, 8 mesi su 12, non maturerà un anno di anzianità ai fini pensionistici, ma solo 8 mesi. Il calcolo è semplice, ogni 3 anni perderà, di fatto, un anno di anzianità contributiva, che ha come effetto immediato l’allontanamento della maturazione dell’età contributiva per andare in pensione.
Sentenze della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione si è più volte espressa su ricorso effettuato da gruppi di lavoratori, in merito alla questione, invitando l’Inps a riconoscere nel calcolo dei contributi di anzianità anche i periodi non lavorati.
In evidenza |
Cosa dice l’Inps Purtroppo, la risposta dell’Ente è sempre la solita, ovvero che continuerà a calcolare solo i periodi di effettivo lavoro, fino a quando non ci saranno degli adeguamenti normativi in merito alla questione. Non essendoci una previsione di Legge specifica per i lavoratori in part-time verticale ciclico, l’Inps continua ad attenersi ad una sua circolare 246/1986 sostenendo di non applicare deroghe se non si modifica la normativa italiana di riferimento e continua quindi a calcolare l’anzianità lavorativa dei lavoratori in part-time verticale ciclico sulla base dell’effettivo lavoro prestato escludendo i periodi non lavorati. |
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