- 14 Gennaio 2016
- Posted by: 50PiuEnasco
- Categoria: Pensione, Rubrica Previdenza
La possibilità riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato prossimi alla pensione di vecchiaia. La riduzione dell’orario di lavoro è compresa tra il 40% e il 60%. Lo prevede la legge di stabilità 2016. Ecco di cosa si tratta.
Tra gli interventi pervenuti dalla legge di stabilità 2016, merita particolare attenzione la possibilità per i dipendenti del settore privato prossimi alla pensione di trasformare il rapporto di lavoro da tempio pieno a tempo parziale. L’art. 1 comma 284 della legge n° 208 /2015 (Legge di stabilità 2016 ) ha previsto per i lavoratori dipendenti del settore privato, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima, titolari di un contratto di lavoro a tempo pieno indeterminato e che maturano entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (legge 214/2011), con i requisiti minimi di contribuzione (20 anni), la possibilità, d’intesa con il datore di lavoro, di chiedere la riduzione del proprio orario di lavoro in misura compresa tra il 40% e il 60%. Da sottolineare è che tale possibilità è consentita per un arco di tempo non superiore al periodo intercorrente tra la data di accesso al beneficio e la data di maturazione del requisito anagrafico per la pensione, che comunque deve avvenire entro il 31 dicembre 2018.
La riduzione dell’orario di lavoro dovrà essere oggetto di uno specifico accordo con il datore di lavoro il quale è tenuto a comunicare all’Inps e alla Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) della stipulazione del contratto e la relativa cessazione secondo le modalità che poi saranno chiarite con il decreto del Ministero del Lavoro da emanarsi entro il 1° marzo 2016.
Il legislatore ha anche previsto che la riduzione dell’orario di lavoro dovrà essere autorizzato dalla D.T.L nei limiti delle risorse stanziate (60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni nel 2017 e ancora 60 milioni per il 2018).
Per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa è riconosciuta la contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata. Ne consegue che ai fini della individuazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo, si dovrà considerare neutralizzato il numero delle settimane di lavoro prestato a tempo parziale. In pratica, a conti fatti, il futuro assegno pensionistico non subirà alcuna riduzione, sarà come se si fosse continuato a lavorare a tempo pieno.
La misura in base al meccanismo previsto sarebbe in buona parte a carico delle imprese. I lavoratori infatti riceveranno in busta paga i contributi che l’impresa avrebbe dovuto versare all’Inps con il tempo pieno, ma il periodo di part-time è coperto dai contributi figurativi che verserà lo Stato.
Si tratta solo di una prima misura di flessibilità in uscita, in vista di una più corposa da inserire in un successivo provvedimento, che il Governo ha annunciato per i primi mesi del 2016.
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Part-time agevolato in sintesi Per chiedere la trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale occorre: 1. essere un dipendente del settore privato prossimo alla pensione di vecchiaia con contratto a tempo pieno indeterminato; 2. aver compiuto 63 anni; 3. maturare il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia entro 31 dicembre 2018; 4. aver versato almeno 20 anni di contributi; 5. essere disponibili ad un orario ridotto compreso tra il 40% e il 60%; 6. scegliere il part-time agevolato in accordo con il datore di lavoro. Contributi e busta paga: 1) il periodo in part-time è coperto da una contribuzione figurativa a carico dello Stato. La pensione futura quindi sarà piena; 2) oltre al compenso che spetta in considerazione dell’orario di lavoro ridotto, il lavoratore riceve in busta paga i contributi che l’azienda avrebbe dovuto versare all’Inps nel caso del mantenimento del lavoro a tempo pieno. |
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