Part-time e calcolo dell’anzianità contributiva

Part-time e calcolo dell’anzianità contributiva

In caso di part-time verticale, 8 ore al giorno per 6 mesi l’anno, si hanno penalizzazioni sulla futura pensione? Sulla questione si è espressa anche la Cassazione.

DOMANDA

Sto concordando un’assunzione con contratto a tempo indeterminato part-time verticale, infatti mi è stato offerto di lavorare a tempo pieno (8 ore) per soli 6 mesi all’anno; se dovessi accettare tale proposta, avrò delle penalizza­zioni in termini pensionistici? Nello specifico come verranno considerati dall’Inps i 6 mesi in cui non lavorerò?

Grazie

RISPOSTA

Il quesito che ci pone è molto interessante, infatti sono diverse le sentenze che si sono espresse al riguardo. La disciplina comunitaria del sistema contributivo e pensionistico è dettata dalle direttiva CE 97/81, secondo cui l’anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione deve essere calcolata per il lavoratore a tempo parziale, come se quest’ultimo fosse occupato a tempo pieno e, quindi, prendendo in considerazione anche i tempi non lavorati.
Solo qualora la prestazione lavorativa sia stata interrot­ta o sospesa per un impedimento, i perio­di di tempo non lavorati non rilevano sul calcolo dell’anzianità contributiva; inve­ce, se l’impiego è continuativo, non può esserci interruzione nell’anzianità contri­butiva.

L’Inps, invece, gestisce questi rapporti accre­ditando la contribuzione solo per i  mesi durante cui la prestazione viene svolta, considerando sospeso il rapporto di lavo­ro per i restanti  mesi, creando in capo ai dipendenti un vuoto rilevante ai fini della maturazione del diritto alla pensione.Il Tribunale di Padova riconosce l’illegittimità della condotta dell’Inps, applicando il principio di diritto già elaborato, in relazione a una controversia di contenuto analogo, dalla Corte di Cassazione (con le sentenze n. 2467/2015 e n. 8565/2016); conferma questi principi, ricordando che l’eventuale disparità di trattamento sarebbe consentita solo in presenza di ragioni obiettive, del tutto assenti nella fattispecie; i periodi non lavorati, osserva il Giudice, nell’ambito del part time verticale ciclico costituiscono una normale modalità di esecuzione del contratto, e non si atteggiano come una sospensione o una interruzione dello stesso, in quanto il part time non comporta una sospensione dell’impiego.Atteso che, nei contratti a tempo parziale verticale ciclico, il rapporto di lavoro perdura anche nei periodi di sosta (tale da impedire di considerare costituzionalmente obbligata una tutela previdenziale integrativa della retribuzione nei periodi di inattività, non spettando infatti né indennità di disoccupazione, Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 1732/2003, né indennità di malattia, Corte di Cassazione n. 12087/2003), i periodi non lavorativi non possono esser esclusi dal calcolo dell’anzianità contributiva necessaria ad acquisire il diritto alla pensione.

Il rapporto di lavoro part time ha invece delle ripercussioni sulla misura della pen­sione, poiché la retribuzione viene ripro­porzionata all’effettivo orario di lavoro svolto e, conseguentemente, anche i contributi previdenziali saranno versati in misura inferiore.

In attesa che l’Istituto recepisca la direttiva della Cassazione, l’unico strumento da mettere in atto, qualora ci si trovasse nella situazione sopra descritta, è il ricorso giudiziale.

Per qualsiasi problematica attinente l’argomento trattato, o per altra questione di natura previdenziale, il Patronato 50&PiùEnasco offre in via del tutto gratuita la consulenza e l’assistenza necessaria.