- 12 Settembre 2019
- Posted by: 50PiuEnasco
- Categoria: Rubrica Previdenza, Rubrica Previdenza
L’Inps, con una circolare pubblicata in agosto, chiarisce che per andare in pensione con Quota 100 è possibile far valere i contributi previdenziali accumulati durante il lavoro all’estero. Con un importante vincolo, però. Ecco di cosa si tratta.
A cura di 50&PiùEnasco
In una circolare di agosto l’Inps ha illustrato le regole per tutti coloro che hanno svolto periodi di lavoro all’estero e vogliono andare in pensione con l’anticipo pensionistico 62+38: la famosa Quota 100.
Vediamo come come far valere i contributi previdenziali versati fuori dall’Italia.
Innanzitutto, l’Inps specifica e sottolinea che, con riferimento alla valorizzazione dei periodi di lavoro svolto all’estero ai fini del conseguimento della “pensione Quota 100”, anche con il cumulo dei periodi assicurativi presso due o più gestioni previdenziali, trovano applicazione i chiarimenti nel tempo forniti dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per l’accesso alla pensione di anzianità/anticipata (cfr. i messaggi n. 30610/2006, n. 5188/2007, n. 4670/2010 e n. 1094/2016).
Pertanto, il requisito contributivo previsto per la “pensione quota 100” può essere perfezionato anche con la contribuzione estera non coincidente maturata in Paesi a cui si applicano i regolamenti dell’Unione Europea di sicurezza sociale, ovvero in Paesi extracomunitari legati all’Italia da convenzioni bilaterali che prevedono la totalizzazione internazionale.
In ogni caso, deve comunque essere perfezionato in Italia il requisito minimo di contributi di 52 settimane.
Tale indicazione trova applicazione anche nel caso in cui l’interessato chieda di conseguire la “pensione quota 100” con il cumulo dei periodi assicurativi, a condizione che almeno una delle gestioni previdenziali interessate rientri nel regime convenzionale da applicare.
Nel caso di cumulo dei periodi assicurativi presso più gestioni rientranti nel regime convenzionale da applicare, i periodi esteri sono valorizzati nella gestione previdenziale che assicura il calcolo della pensione più favorevole.
Anche in questi casi, la durata totale dei periodi assicurativi maturati in Italia, calcolata anche sommando più gestioni tra quelle interessate al cumulo, non dovrà essere inferiore al requisito contributivo minimo richiesto per l’accesso alla totalizzazione previsto dalla normativa dell’Unione europea (52 settimane) o dalle singole convenzioni bilaterali.
Esempio: un soggetto che richiede la “pensione quota 100” in cumulo, facendo valere in Italia periodi assicurativi nella Gestione Inps (25 anni) e nella Gestione pubblica (10 anni), in aggiunta a periodi assicurativi maturati in USA (3 anni), può conseguire la pensione quota 100 (38 anni) valorizzando tali ultimi periodi assicurativi.
La contribuzione estera deve essere considerata anche nelle ipotesi in cui abbia già dato luogo alla liquidazione di una pensione estera, ma non nel caso in cui abbia dato luogo alla liquidazione di una pensione italiana in regime di convenzione internazionale.
Pertanto, la titolarità di un trattamento pensionistico estero non preclude la possibilità di avvalersi della “pensione Quota 100”, mentre la titolarità di una pensione italiana in regime di convenzione internazionale preclude il conseguimento della “pensione Quota 100”.
Poiché per il conseguimento del trattamento pensionistico Quota 100 è necessaria la cessazione del rapporto di lavoro dipendente, l’Inps ribadisce che la cessazione dell’attività lavorativa all’estero è equiparata alla cessazione dell’attività lavorativa svolta in Italia.
Nella stessa circolare vengono fornite anche ulteriori spiegazioni in merito alla cumulabilità o meno della pensione ed i redditi da lavoro dipendente o autonomo.
Gli emolumenti ricevuti con la pensione, infatti, non sono cumulabili con i redditi da lavoro dipendente dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
In caso contrario, è prevista la sospensione della pensione e il recupero delle somme corrisposte dall’Inps.
L’unica eccezione è rappresentata dalla possibilità di percepire redditi da attività di lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro lordi all’anno.
Per le attività svolte in precedenza alla decorrenza della pensione in Quota 100, ma erogate successivamente, la pensione viene erogata ugualmente.
Questa precisazione è importante perché può accadere, soprattutto per i lavoratori autonomi, che i compensi per attività di lavoro vengano corrisposti molto tempo dopo lo svolgimento dell’attività stessa, magari quando il lavoratore è già in pensione. In questo caso, dunque, non vale l’incumulabilità.
Tra i redditi da lavoro autonomo incumulabili con la pensione Quota 100, l’Inps indica nella circolare: compensi percepiti per l’esercizio di arti; redditi di impresa e utili derivanti da associazione in partecipazione connessi ad attività di lavoro; diritti di autore e brevetti.
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Ecco quali sono i redditi compatibili e dunque cumulabili con la pensione Quota 100: – indennità percepite dagli amministratori locali in ottemperanza all’articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – TUEL e, più in generale, tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive; – redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro, nonché le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione nei casi in cui l’apporto non è costituito dalla prestazione di lavoro; – compensi per l’esercizio della funzione di sacerdote ai sensi dell’articolo 24 della legge 20 maggio 1985, n. 222; – indennità corrisposte per l’esercizio della funzione di giudice di pace (cfr. l’articolo 11, comma 4-bis, della legge 21 novembre 1991, n. 374); – indennità dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle loro funzioni ai sensi dell’articolo 8 della legge 22 luglio 1997, n. 276 (cfr. la circolare n. 67 del 24 marzo 2000); – indennità percepite in qualità di giudice tributario ex articolo 86 della legge 21 novembre 2000, n. 342; – indennità sostitutiva del preavviso (avente natura risarcitoria e non retributiva); – redditi derivanti da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private (articolo 10, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503); – indennità riconosciute per trasferte e missioni fuori del territorio comunale, i rimborsi per spese di viaggio e di trasporto, spese di alloggio, spese di vitto che non concorrono a formare il reddito imponibile ai sensi del TUIR; – indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, di cui al decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, e ss.mm.ii. |