Quello che i pensionati non sanno
- 7 Aprile 2021
- Posted by: 50PiuEnasco
- Categoria: Rubrica Previdenza
Esistono prestazioni o maggiorazioni a cui si potrebbe aver diritto, ma che l’INPS non attribuisce in automatico. Sono i cosiddetti “diritti inespressi” e vengono erogati solo a fronte di una specifica richiesta.
Ottenuto il provvedimento di liquidazione della pensione, è necessario verificare l’attribuzione di tutte le prestazioni accessorie richieste legate a specifiche condizioni.
Una volta raggiunto il traguardo della pensione, si deve stare attenti a far valere tutti i propri diritti: gli addetti ai lavori definiscono infatti “diritti inespressi” tutte quelle prestazioni o maggiorazioni – di tipo, per lo più, assistenziale, che aumentano l’importo dell’assegno – spettanti sulle pensioni di importo modesto, a cui i pensionati potrebbero avere diritto, ma che non sono mai state richieste. Pur con le dovute eccezioni, infatti, non è previsto che l’INPS possa attribuire automaticamente ai pensionati le varie “maggiorazioni”, neanche quando – in base ai dati in suo possesso – l’Istituto possa autonomamente verificare l’esistenza del relativo diritto; per beneficiare delle prestazioni, è necessario che il pensionato presenti esplicita domanda.
Una volta ottenuto il provvedimento di liquidazione della pensione, bisogna per prima cosa verificarne la correttezza: se sono stati valutati tutti i contributi accreditati; se il sistema di calcolo applicato è corretto; se i contributi relativi al periodo immediatamente precedente alla data di pensionamento sono stati inclusi nel calcolo (di solito no, ma saranno inseriti di lì a qualche mese, con un ricalcolo automatico della pensione e la liquidazione dei relativi arretrati, se dovuti).
Poi, bisogna verificare se sono state attribuite tutte le prestazioni accessorie richieste; stiamo parlando di maggiorazioni spettanti sulle pensioni di importo modesto, di solito legate a specifiche condizioni e al possesso di redditi personali, coniugali o familiari al di sotto di specifici limiti, differenziati per ciascuna tipologia di prestazione. Ma quali sono questi “diritti”, troppo spesso “inespressi”?
INTEGRAZIONE AL TRATTAMENTO MINIMO
Qualora l’importo della pensione calcolata sulla base dei contributi versati risulti inferiore a un limite minimo stabilito per legge (€ 515,58 mensili per il 2021), il pensionato ha diritto ad una integrazione a carico dello Stato, a condizione che possieda redditi personali e – per chi è coniugato – coniugali inferiori ai limiti stabiliti di anno in anno dalla legge. A seconda del reddito posseduto, l’integrazione può essere attribuita in misura intera o in misura ridotta.
MAGGIORAZIONI SOCIALI e “AUMENTO AL MILIONE”
Le maggiorazioni sociali costituiscono una forma particolare di incremento delle pensioni in favore di soggetti economicamente svantaggiati. L’aumento al milione spetta ai pensionati meno abbienti con un’età di almeno 70 anni (dal 2020 l’aumento spetta già dai 18 anni, in caso di invalidi o ciechi civili totali) ed è legata al possesso di redditi personali o cumulati inferiori a determinati limiti. Il limite di 70 anni per ottenere l’aumento si riduce, fino ad un limite di 65 anni, di un anno ogni 5 anni di contributi versati.
ASSEGNI FAMILIARI (ANF)
Sono dovuti in base alla composizione del nucleo familiare e ai relativi redditi. Gli assegni familiari ai pensionati si suddividono in quote di maggiorazione per carichi di famiglia, che spettano ai titolari di pensione a carico delle gestioni di artigiani, commercianti, coltivatori diretti e consistono in un contributo per ogni familiare a carico; ovvero in Assegno al Nucleo Familiare (ANF), riconosciuto ai titolari di pensione a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, nel caso in cui il reddito complessivo familiare dell’anno di riferimento rientri nelle varie fasce previste.
Molto spesso, il mancato esercizio del diritto a queste prestazioni accessorie non avviene al momento del pensionamento.
I dati INPS evidenziano che oltre il 90% delle domande di pensione vengono trasmesse attraverso i Patronati che, unitamente alla domanda di pensione, sono in grado di verificare correttamente e richiedere tutte le prestazioni accessorie a cui in quel momento il pensionando ha diritto in base alla sua situazione contributiva, familiare e reddituale.
La maggior parte di quelli che vengono definiti “diritti inespressi” sorge, invece, in un momento successivo al pensionamento, quando – durante il periodo di godimento della pensione – si modificano le condizioni familiari e/o reddituali (o viene introdotta nell’ordinamento una nuova maggiorazione) e sorge un diritto che prima non esisteva e di cui, troppo spesso, il pensionato non ha consapevolezza.
Un esempio? Quante vedove riconosciute invalide civili totali e titolari di pensione di reversibilità da lavoro dipendente sanno di avere diritto all’Assegno al Nucleo Familiare, anche se il loro nucleo familiare è formato solo da loro stesse? E ancora: quanti lavoratori – autonomi o dipendenti – hanno proseguito o ripreso un’attività lavorativa (dipendente, autonoma, parasubordinata) dopo il pensionamento e, magari, non hanno mai richiesto il Supplemento di pensione o la Pensione Supplementare (per parlare facile: non hanno mai ottenuto l’aumento di pensione che in questi casi è dovuto a precise scadenze di legge)?
Che succede in questi casi? Se il pensionato si accorge in ritardo di non aver fatto valere uno di questi diritti, cosa può fare? Ha perso tutto?
Le prestazioni e le maggiorazioni di cui stiamo parlando non sono soggette ad un termine di decadenza, pertanto possono sempre essere richieste.
Alcune di queste prestazioni (ad esempio, gli Assegni Familiari) sono però soggette al termine quinquennale di prescrizione: qualora il pensionato si accorga di poter beneficiare di un diritto che non ha mai richiesto, potrà sempre richiederlo e – oltre al riconoscimento della prestazione/maggiorazione da quel momento in avanti – avrà diritto alle somme arretrate per un massimo di 5 anni precedenti alla data della domanda, perdendo invece il diritto alle ulteriori somme relative a periodi ancora precedenti.
Altre prestazioni, come le maggiorazioni sociali, decorrono dal mese successivo alla domanda e ciascun mese di ritardo nella richiesta comporta la perdita di somme pensionistiche, senza la possibilità di recuperare importi arretrati.
Tuttavia, la richiesta di prestazioni accessorie potrebbe anche avere effetti negativi sul trattamento pensionistico complessivo; ad esempio, la percezione di una maggiorazione e dei relativi arretrati da parte del pensionato potrebbero far venire meno il diritto ad una prestazione assistenziale che sta percependo il coniuge del pensionato stesso.
Per questo, la convenienza a richiedere queste prestazioni deve essere sempre attentamente e preventivamente valutata con l’assistenza di consulenti capaci e professionali: gli Uffici 50&PiùEnasco, presenti su tutto il territorio nazionale, possono fornire tutte le valutazioni, informazioni e chiarimenti sul diritto alle prestazioni, fornendo assistenza per la presentazione della richiesta degli eventuali “diritti inespressi”.
(Tratto da 50&Più, Aprile 2021. Tutti i diritti riservati)
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