- 5 Giugno 2019
- Posted by: 50PiuEnasco
- Categoria: Pensione, Senza categoria
Dal 2017 la “quattordicesima” è stata estesa anche ad una platea di 1.430.000 pensionati che inizialmente non la percepivano.
a cura di Gianni Tel, 50&Più
Ogni anno, con l’inizio dell’estate, c’è una buona notizia per 3,5 milioni di pensionati: dal 1° luglio prossimo è in pagamento la cosiddetta quattordicesima, introdotta dalla Legge n. 127 del 2007 sulle pensioni di importo basso. Va ricordato che la Legge di Bilancio 2017 ha previsto alcune modifiche e aumenti per questa mensilità aggiuntiva. È stato concesso un incentivo di circa il 30% per i pensionati che già percepivano la 14a e che hanno un reddito quest’anno fino a 769,51 euro al mese. Tale beneficio è stato anche esteso a 1.430.000 pensionati che prima del 2017 non lo prendevano. Per costoro il limite di reddito massimo per avere diritto quest’anno alla “somma aggiuntiva” è fino a 1.026,02 euro al mese, mentre la misura è quella precedente al 2017 non incrementata del 30%. La somma poi è legata all’anzianità contributiva come indicato nella Tabella A.
» I REQUISITI Il beneficio spetta ai pensionati da lavoro – privato, autonomo o pubblico – che posseggono, oltre all’età pari o superiore a 64 anni, un reddito complessivo individuale, relativo all’anno di riferimento. Nel 2019 il limite di reddito è di 10.003,63 euro annui (1,5 volte il trattamento minimo Inps). La novità, indicata dalla Legge di Bilancio 2017, ha previsto un nuovo requisito di reddito compreso tra 10.003,26 euro e 13.338,26 euro annui (tra 1,5 e 2 volte il trattamento minimo Inps). Per i pensionati che superano queste soglie di reddito, la somma aggiuntiva è ridotta in proporzione. Se si considera un titolare di pensione diretta del fondo lavoratori dipendenti con un’anzianità contributiva di 20 anni e un reddito annuale di sola pensione ammontante a 13.500 euro, la somma aggiuntiva spettante è di 258,26 euro complessivi (euro 13.338,26 + 420,00 – 13.500,00). Sempre nella Tabella A sono indicati i limiti di reddito 2019.
» QUALI REDDITI Per quantificare i limiti reddituali si considerano anche i redditi esenti o tassati alla fonte (interessi bancari e postali, i rendimenti da Bot e altri titoli), le rendite Inail e gli assegni assistenziali. Bisogna denunciare tutto tranne i redditi da: casa di abitazione; indennità di accompagnamento; importi dei trattamenti di famiglia; somme riscosse per i trattamenti di fine rapporto, comunque, denominati (Tfr, Tfs, ecc.); importi arretrati soggetti a tassazione separata. La 14ª è esentasse, non costituisce reddito ai fini fiscali, né per il riconoscimento di altre prestazioni previdenziali assistenziali. Per gli autonomi (artigiani, commercianti e Coldiretti) sono stati stabiliti (vedi Tabella A) tre anni in più di contribuzione nelle relative fasce di anzianità contributiva legate agli aumenti pensionistici.
» LA DOMANDA A chi l’ha percepita dal 2007 al 2018 la 14ª viene pagata a luglio. Chi compie il 64° anno di età nel 2019 deve presentare un’apposita domanda, dichiarando che il suo reddito personale non superi il limite di legge. L’importo è corrisposto in tanti dodicesimi quanti sono i mesi in cui spetta, considerando mese intero quello in cui si compie il 64° anno di età. Per la domanda, va verificato l’ammontare della somma erogata da parte degli Istituti Previdenziali, come per i mancati riconoscimenti e/o adeguamenti. Il Patronato 50&PiùEnasco, presente in ciascuna provincia, è gratuitamente a disposizione per fornire tutti i chiarimenti del caso.
Al riguardo, la nostra Associazione 50&Più ha più volte avuto modo di sottolineare e continua a sostenere che per la 14a, come per altre iniquità, c’è un’impostazione preconcetta che differenzia il lavoro autonomo da quello dipendente. Non si comprende perché un trattamento di sostegno al reddito, che deriva da risorse della collettività, possa differenziare i pensionati a seconda della categoria, con un’anzianità contributiva e con importi non allineati. Si viola, così, ogni principio di giustizia sociale e costituzionale, più volte rivendicati ai vari interlocutori di Governo in questi anni. Si è chiesto nuovamente e si auspica che questa nuova compagine di Governo nei prossimi provvedimenti di legge, possa trovare positive soluzioni di equità.
MANOVRA 2019: ADEGUAMENTO AL RIBASSO DELLE PENSIONI
È accaduto nuovamente: la rivalutazione delle pensioni è stata bloccata per il triennio 2019/2021. L’attuale Governo, con la Legge di Bilancio del 2019 (Legge n. 145/2018) ha previsto una rivalutazione penalizzante e simile a quella precedente del Governo Renzi. L’operazione di adeguamento si è resa necessaria perché tali nuovi criteri non erano noti all’Inps quando ha operato la rivalutazione delle pensioni per il 2019 (operazione normalmente compiuta a dicembre dell’anno precedente), per cui le pensioni da gennaio a marzo sono state erogate senza tener conto delle novità di bilancio 2019.
L’Inps ha recentemente fatto sapere che, dal mese di aprile scorso, le pensioni sono state erogate nei valori aggiornati alle nuove regole. L’eventuale recupero a carico dei pensionati, per i mesi da gennaio a marzo avviene a partire da questo mese di giugno. Tutti i pensionati Inps/ex Inpdap che percepiscono un assegno mensile di pensione superiore a 1.555,96 euro lorde, vedranno nuovamente ridotto il proprio potere di acquisto. Il costo della vita sale e le pensioni restano ferme. I pensionati penalizzati dal provvedimento sono poco più di 3 milioni su 16 milioni in totale; e i più penalizzati sono proprio quelli che hanno versato in maggior misura contributi e imposte, segnatamente l’Irpef, a differenza degli altri 8 milioni di pensionati totalmente o parzialmente assistiti dallo Stato.
È sconcertante poi pensare che il blocco delle rivalutazioni ha raggiunto la soglia dei dieci anni di anzianità! È certamente questa la parte più grave, iniqua e dolorosa introdotta dal legislatore. Tale sistema di adeguamento non ha mai tutelato concretamente il reale potere di acquisto dei pensionati che, negli ultimi 15 anni, ha subìto oltre il 30% di perdite. Le soluzioni adottate (10 volte) non sono state assolutamente ispirate a criteri di ragionevolezza.
Anche se non siamo pessimisti ma realisti, queste incertezze crescenti, le promesse vaghe stanno creando tante paure e poche speranze tra i pensionati nel nostro Paese. La Tabella B mette a confronto la rivalutazione secondo le norme che dovevano tornare in vigore, dopo lo stop deciso negli anni precedenti per via della crisi economica, e quella in base alle norme della Legge di Bilancio 2019, sempre sulla base del tasso di inflazione dell’1,1%.